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L’ambiente ed il Territorio

La Fauna

Circa un secolo e mezzo fa il Galvagni, descrivendo la fauna del’Etna, raccontava della presenza di animali ormai scomparsi e divenuti per noi mitici: lupi, daini e caprioli. Ma l’apertura di nuove strade rotabili, il disboscamento e l’esercizio della caccia hanno portato all’estinzione di questi grandi mammiferi e continuano a minacciare la vita delle altre specie. Nonostante ciò sul vulcano vivono ancora l’istrice, la Volpe, il Gatto selvatico, la Martora, l’Istrice, il Coniglio, la Lepre e, fra gli animali più piccoli, la Donnola, il Riccio, il Ghiro, il Quercino e numerose specie pipistrelli. Moltissimi sono gli uccelli ed in particolare i rapaci che testimoniano dell’esistenza di ampi spazi incontaminati: tra i rapaci diurni troviamo lo Sparviero, la Poiana, il Gheppio, il Falco pellegrino e l’Aquila reale; tra i notturni il Barbagianni, l’Assiolo, l’Allocco, il Gufo comune.

 

 

Aironi, Anatre ed altri uccelli acquatici si possono osservare nel lago Gurrida, unica distesa d’acqua dell’area montana etnea. Nelle zone boscose è possibile intravedere la ghiandaia, e una miriade di uccelli canori quali le silvie, le cince, il cuculo e tanti altri, mentre sulle distese laviche alle quote più alte è facile osservare la coturnice e il culbianco che vi sorprenderà con i suoi voli rapidi ed irregolari. Tra le diverse specie di serpenti, che con il ramarro e la lucertola popolano il sottobosco. Infine, ma non per questo meno importante, vi è il fantastico, multiforme universo degli insetti e degli altri artropodi: farfalle, grilli, cavallette, cicale, api, ragni ecc. con il loro fondamentale e insostituibile ruolo negli equilibri ecologici.

 

 

Il gatto selvatico

Il gatto selvatico Europeo (Felis silvestris silvestris) presenta una distribuzione molto ampia in Europa ed è classificato come “least concern” (specie a rischio minimo) dalla IUCN, anche se le popolazioni sono in declino in tutto l’areale. E’ compreso nella lista rossa dei vertebrati italiani e, a livello legislativo, è inserito nella direttiva Habitat della comunità Europea.

Le popolazioni di gatto selvatico sono solitamente scarse e frammentate, perciò le misure di conservazione devono essere indirizzate alla conoscenza della densità di popolazione, distribuzione e alle eventuali problematiche ecologiche relative all’impatto umano. Il gatto selvatico europeo è minacciato da diversi fattori, i principali sono gli incidenti stradali, gli abbattimenti illegali, l’ibridazione con il gatto domestico, la riduzione degli habitat e l’eccessivo pascolo del bestiame.

In Sicilia vive l’unica popolazione mediterranea che non è il risultato del’introduzione dell’uomo e, aspetto ancor più importante, in un recente studio è stato evidenziato che il patrimonio genetico di questa popolazione insulare è chiaramente divergente rispetto alle popolazioni italiane continentali, rendendo di fatto questa popolazione una distinta unità di conservazione. La condizione di insularità accentua ancor di più la necessità di conservare questa popolazione in stato ottimale infatti, se si estinguesse sarebbe persa per sempre. A dispetto delle criticità evidenziate sopra, solo pochi studi scientifici sono stati condotti su questa popolazione, evidenziando come la popolazione residente nel Parco Regionale dell’Etna sia una fra le più dense (~0.30 gatti per 1 kmq).

Il declino delle popolazioni di gatto selvatico è causato soprattutto dall’alterazione e frammentazione degli habitat, principalmente in termini di esigenze ecologiche e di paesaggio richieste da questa specie. In particolare, le minacce per la sopravvivenza di questa specie sono dovute all’espansione della rete stradale all’interno e nelle vicinanze delle aree ad alta naturalità operata senza le opportune misure di mitigazione per la fauna selvatica. Inoltre, la presenza umana rende più probabile il rischio di ibridazione e trasmissione di malattie con il gatto domestico, come anche il disturbo relativo ad un pascolo eccessivo e alla presenza di cani randagi. Inoltre, la frammentazione degli habitat rende le popolazioni più piccole e isolate, favorendo quindi il rischio e l’estensione spaziale per un potenziale contatto con il gatto domestico, che porta quindi ad una profonda e irreversibile diluizione del patrimonio genetico.

In data 27 Maggio 2015 è iniziato il progetto di ricerca sul gatto selvatico europeo all’interno del Parco dell’Etna in collaborazione con il Dipartimento STEBICEF dell’Università di Palermo sotto la responsabilità scientifica del Prof. Mario Lo Valvo. É coinvolto nel progetto anche il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Messina (Prof. Emanuele Brianti) per delineare il profilo parassitologico della popolazione dai campioni di escrementi.

Sono state usate 18 fototrappole grazie alla gentile collaborazione offerta dalla Ripartizione Faunistico Venatoria di Catania.

Dal 02 Luglio 2015 al 01 Agosto 2016 sono state dislocate 96 fototrappole in 7 line trap con l’obbiettivo di totalizzare 30 giorni per ogni postazione. Le fototrappole sono state controllate almeno una volta a settimana.  

La Vegetazione


L’universo vegetale dell’Etna si presenta caratterizzato da un insieme di fattori tra i quali ha un ruolo predominante la natura vulcanica della montagna. La flora del Parco, estremamente varia e ricca, condiziona il paesaggio offrendo continui e repentini mutamenti; ciò dipende dalla diversa compattezza e dal continuo rimaneggiamento del substrato ad opera delle colate laviche che si succedono nel tempo, nonché dal variare delle temperature e delle precipitazioni in relazione all’altitudine ed all’esposizione dei versanti. Partendo dai piani altitudinali più bassi, dove un tempo erano le foreste di leccio, ecco i vigneti, gli oliveti, i frutteti i noccioleti e a Ovest i pistacchieti tutti inseriti nel contesto di boschi di querce e castagni. Intorno ed anche oltre i 2.000 metri troviamo il Faggio che qui raggiunge il suo limite meridionale e le quote più elevate, e la betulla, specie endemica, cioè esclusiva dell’Etna.

 

Quercia
 

Oltre la vegetazione boschiva il paesaggio si modifica ed è caratterizzato da formazioni pulviniformi di spino santo (astragalo) che offrono riparo ad altre piante della montagna etnea quali il senecio, la viola e il cerastio. Al di sopra del limite dell’astragalo, tra i 2.450 ed i 3.000 metri solo pochissimi elementi riescono a sopravvivere alle condizioni ambientali dell’alta montagna etnea. Al di sopra di queste quote e sino alla sommità si stende il deserto vulcanico dove nessuna forma vegetale riesce a mantenersi in vita.

L’agricoltura


Fin da epoche remote la ricchezza del suolo vulcanico ha permesso alle popolazioni etnee di vivere di agricoltura e allevamento, costruendo un ambiente “dell’uomo” armonicamente inserito in quello naturale. Paesaggi agricoli sorprendenti e multiformi sono incastonati fra boschi e colate laviche, formando così un mosaico ambientale di rara bellezza. La presenza millenaria dell’uomo sul vulcano ha lasciato un’impronta profonda: monumentali opere di terrazzamento, magazzini, palmenti, cantine costellano le pendici della “Montagna”. Pertanto il mantenimento e il recupero dell’agricoltura svolta in sintonia con le esigenze di tutela ambientale diventano strumento efficace per la tutela di una parte importante del paesaggio etneo. In questo contesto, il Parco dell’Etna guarda con particolare attenzione all’agricoltura biologica, metodo di coltivazione capace di offrire prodotti sani nel rispetto dell’ambiente e dalla salute di agricoltori e consumatori. Oggi vigneti, oliveti, pistacchieti, noccioleti e frutteti circondano il vulcano testimoniando una vocazione agricola del territorio ampiamente diffusa e caratterizzata dalla presenza di varietà locali particolarmente interessanti. Basti pensare alle mele “Cola”, “Gelato” e “Cola-Gelato” piccole, gialle e fragranti o alle pere autunnali come la “Ucciardona” o la “Spinella” utilizzata nella cucina tradizionale. La ricchezza varietale delle specie coltivate sull’Etna è un patrimonio di biodiversità da tutelare e diffondere per mantenere un’eredità importante che può diventare la nota distintiva dell’agricoltura del Parco.

La Viticoltura


Il particolare microclima del comprensorio etneo ha caratterizzato la coltura della vite e la produzione di vino sin dall’antichità. Le popolazioni etnee debbono alla vite e al vino una parte determinante della propria civiltà. Le vigne etnee, nel tempo, hanno subito numerose e profonde trasformazioni e sono divenute un elemento caratterizzante del paesaggio antropico. La viticoltura etnea, essendo di collina e di montagna, si sviluppa su terreni sistemati a “terrazze” di piccola e media larghezza. Generalmente, all’interno dei vigneti, si trovano manufatti rurali che possono comprendere “palmenti” (parte del fabbricato destinato alla lavorazione delle uve) e cantine. Un DPR del 1968 ha concesso ai vini dell’Etna la DOC “Etna” (Bianco Superiore, Bianco, Rosso e Rosato), interessando i territori di ventuno comuni etnei. Di questi, ben diciassette rientrano nel comprensorio del Parco. L’Ente Parco, mirando all’integrazione tra protezione ambientale e promozione delle attività economiche, tutela e promuove la vitivinicoltura etnea quale “inestimabile patrimonio ereditato” da custodire, valorizzare e far conoscere e quale settore economico di primaria importanza. Obiettivo raggiungibile attraverso la salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale etneo, l’incentivazione al miglioramento e alla stabilizzazione dei parametri qualitativi delle produzioni e la promozione dell’immagine del prodotto legato al suo territorio. Di pari passo con molteplici iniziative tecnico-amministrative, rivolte al settore e con l’adesione in qualità di socio ad Organismi quali il CERVIM (Centro di Ricerche, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura Montana), l’Associazione Nazionale “Città del Vino” e la “Strada del Vino dell’Etna”, l’Ente Parco promuove svariate manifestazioni di notevole interesse regionale, nazionale e internazionale.

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